La Corte di Cassazione ha finalmente risolto una diatriba che durava da oltre 10 anni.
Con la sentenza n. 12395, depositata il 7 maggio 2024, la Suprema Corte ha stabilito la possibilità di applicare la cedolare secca anche quando l’inquilino è una società o un’impresa che affitta una casa per i propri dipendenti, clienti o fornitori.
Con ciò, dunque, ha chiarito che la natura soggettiva del conduttore è irrilevante, anche se la locazione avviene nell’esercizio di un’attività d’impresa o lavoro autonomo.
La controversia ha avuto origine nel lontano 2011, quando l’Agenzia delle Entrate ha negato l’applicazione della “cedolare secca” per le locazioni di immobili concessi ai dipendenti di società.
La sentenza considera «irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti)».
Il contribuente aveva impugnato, infatti, una sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che aveva confermato avvisi di liquidazione e sanzioni dell’Agenzia delle Entrate per mancato pagamento dell’imposta di registro nel 2012 e 2013 sostenendo che il regime agevolato dovrebbe essere riservato ai locatori che non svolgono attività commerciali, indipendentemente dall’attività dell’inquilino.
La Cassazione con la sentenza n. 12395, depositata il 7 maggio 2024, ha smentito la rigida interpretazione sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, formalizzata nella circolare 26/E secondo cui secondo l’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 23/2011, la norma consente l’applicazione della cedolare secca soltanto per gli immobili abitativi locati per finalità residenziali, escludendo quelli utilizzati nell’esercizio di un’attività d’impresa, arti o professioni, è essenziale valutare l’attività svolta dal locatario e l’effettivo utilizzo dell’immobile.
Pertanto, non rientrano nel regime i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività d’impresa o lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado Veneto Sez. V, 16 gennaio 2023, n. 53, aveva già ammesso l’applicabilità della cedolare secca sugli affitti quando l’inquilino è una società purché si verifichino due requisiti:
- il primo di natura soggettivo, richiede che vi sia una persona fisica non esercente attività imprenditoriale, titolare del diritto reale sul cespite oggetto del contratto di locazione;
- il secondo, dinatura oggettiva, che riguarda la destinazione a uso abitativo dell’immobile locato. In presenza dei due requisiti, il locatore può optare per l’applicazione della cedolare, nulla rilevando che il conduttore sia una società commerciale.
Ora, la pronuncia della Cassazione dovrebbe porre fine al contenzioso sorto in questi anni tra contribuenti e Agenzia delle Entrate, offrendo chiarezza a un settore finora caratterizzato da incertezza.
La sentenza apre la possibilità per i locatori di optare per la cedolare secca anche per i contratti già in corso, in corrispondenza delle nuove annualità contrattuali. La pronuncia della Cassazione offre finalmente chiarezza sull’applicazione della cedolare secca per gli affitti a società e imprese, eliminando una controversia durata oltre un decennio, aprendo così a parere della scrivente anche la possibilità di richiedere il rimborso per le somme corrisposte dai contribuenti.
Occorre attendere come l’Agenzia delle Entrate recepirà la sentenza e se rimuoverà il blocco telematico che limita l’opzione per i contratti con imprese come inquilini.